“C’è molta più violenza nella Bibbia che nel Corano; l’idea che l’islàm si sia imposto con la spada è una fantasia Occidentale, inventata al tempo delle Crociate, quando, in realtà, furono i Cristiani dell’Occidente a scatenare una brutale “guerra santa” contro l’islàm”. Così dichiara la ex suora che si definisce “monoteista indipendente”, Karen Armstrong. Questa citazione riassume il principale e più autorevole argomento usato per rintuzzare le accuse che l’islàm è intrinsecamente violento e intollerante. Tutte le religioni monoteiste, e non solamente l’islàm – sostengono i propugnatori di questa tesi – hanno la loro quota di scritture violente e intolleranti, e condividono storie cruente. Così, ogni qual volta le sacre scritture dell’islàm – in primo luogo il Corano, seguito dai racconti delle parole e delle azioni di Maometto (gli ahadith) – vengono utilizzate come dimostrazione della innata aggressività di questa religione, scatta l’immediata risposta che anche altre sacre scritture, specialmente quelle Giudeo-Cristiane, sono infarcite di episodi violenti.
Purtroppo, troppo spesso questa affermazione interrompe ogni ulteriore discussione sul problema se violenza e intolleranza siano connaturate all’islàm. E quindi, la risposta normale diventa che non è l’islàm ad essere violento per se, ma sono piuttosto le rimostranze e la frustrazione dei musulmani – sempre aggravate da fattori economici, politici e sociali – a scatenare la violenza. La perfetta aderenza di questa opinione con la gnoseologia laica e “materialista” dell’Occidente, la rende immune da ogni critica.
Pertanto, prima di condannare il Corano e le parole e le azione storiche del profeta dell’islàm, Maometto, come istigatori di violenza e intolleranza, si dovrebbe consigliare agli Ebrei di considerare le atrocità storiche commesse dai loro antenati Israeliti, così come sono state registrate dalle loro stesse scritture; bisognerebbe poi raccomandare ai Cristiani di considerare i cicli di brutali violenze compiute dai loro antenati nel nome della loro fede sia contro non Cristiani che contro Cristiani. In altre parole bisogna ricordare ad Ebrei e Cristiani che chi abita case di vetro deve evitare di scagliare pietre.
Ma questa è proprio la verità? L’analogia con le altre scritture è proprio legittima? E’ possibile confrontare la violenza degli Ebrei dell’antichità e la violenza dei Cristiani nel Medio Evo con la persistenza della violenza musulmana nell’era moderna?
La violenza nella storia di Ebrei e Cristiani
In accordo con la Armstrong, un gran numero di eminenti scrittori, storici, e teologi hanno sostenuto questa tesi “relativista”. Per esempio, John Esposito, direttore del Centro del Principe Alwaleed bin Talal per la Comprensione Cristiano-islamica, all’Università di Georgetown, si domanda:
“Ma come mai continuiamo a porci la stessa domanda [a proposito della violenza nell’islàm] e invece non ce la facciamo a proposito di Ebraismo e Cristianesimo? Sia Ebrei che Cristiani hanno compiuto atti di violenza. Tutti noi possediamo un lato trascendente, ma anche un lato oscuro … Pure noi abbiamo la nostra teologia dell’odio. Sia nel Cristianesimo che nell’Ebraismo tradizionale, tendiamo ad essere intolleranti; aderiamo ad una teologia esclusiva: noi contro loro”.
In tema di istigazione alla violenza e ai massacri, ogni semplicistica pretesa di superiorità della Bibbia nei confronti del Corano sarebbe totalmente sbagliata. Infatti, la Bibbia trabocca di “testi di terrore” per usare la frase coniata dalla teologa Americana Phyllis Trible. La Bibbia contiene molti più versetti che apprezzano o spingono al massacro di quanti non ne contenga il Corano, e la violenza biblica è spesso molto più estrema e caratterizzata da una ferocia molto più indiscriminata … Se i testi fondamentali caratterizzano tutta la religione, allora Ebraismo e Cristianesimo meritano la condanna massima come religioni di efferatezza.
La conquista militare della terra di Canaan da parte degli Ebrei, circa nell’anno 1200 AC è spesso definita come “genocidio” ed è diventata emblematica della violenza e della intolleranza della Bibbia. Dio disse a Mosè:
Ma delle città di questi popoli che il Signore tuo Dio ti dà in eredità, non lascerai in vita alcun essere che respiri; ma li voterai allo sterminio: cioè gli Hittiti, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei, come il Signore tuo Dio ti ha comandato di fare, perché essi non v’insegnino a commettere tutti gli abomini che fanno per i loro dèi e voi non pecchiate contro il Signore vostro Dio.
Così Giosuè [il successore di Mosè] conquistò tutto il paese: le montagne, il Negheb, il bassopiano, le pendici e tutti i loro re. Non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni essere che respira, come aveva comandato il Signore, Dio di Israele.
Alla luce di quanto sopra, come Armstrong, Esposito, Jenkins e altri sostengono, perché Ebrei e Cristiani indicano il Corano come prova della violenza dell’islàm mentre ignorano le loro stesse scritture e la loro stessa storia?
Bibbia contro Corano
La risposta si trova nel fatto che queste osservazioni confondono storia e teologia mescolando le azioni temporali degli uomini con ciò che si ritengono essere le parole immutabili di Dio. L’errore fondamentale è che la storia Giudeo-Cristiana – che è violenta – è stata confusa con la teologia islamica – che ordina la violenza. Ovviamente, tutte le tre grandi religioni monoteiste hanno avuto la loro parte di violenza e intolleranza verso “l’altro”. Ma la questione fondamentale è se questa violenza fu imposta da Dio o se uomini bellicosi vollero che fosse così.
La violenza del Vecchio Testamento è un caso veramente interessante. Dio ordinò in modo chiarissimo agli Ebrei di sterminare i Canaanei e i popoli vicini. Questa violenza pertanto, volenti o nolenti, fu espressione della volontà di Dio. Comunque, tutta la violenza storica commessa dagli Ebrei e registrata nell’Antico Testamento è soltanto questo – storia. E’ successo; Dio lo ordinò. Ma riguardò tempi e luoghi specifici e fu diretta contro popoli ben precisi. Mai questo tipo di violenza fu regolamentata o codificata all’interno della legge giudaica. In breve, i racconti biblici di episodi violenti sono descrittivi, non prescrittivi.
Questo è l’aspetto in cui la violenza islamica è unica. Benché simile alla violenza dell’Antico Testamento – ordinata da Dio e manifestatasi nella storia – alcuni aspetti della violenza e della intolleranza islamiche sono stati regolamentati nella legge islamica e si applicano in ogni tempo. Pertanto, mentre la violenza incontrata nel Corano ha un contesto storico, il suo significato ultimo è teologico. Consideriamo i seguenti versetti Coranici, noti come i “versetti della spada":
Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono, eseguono l’orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada.
Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano umiliati.
In effetti, in base ai versetti della spada e a ad innumerevoli altri versetti coranici e tradizioni orali attribuite a Maometto, i più istruiti funzionari dell’islàm, sceicchi, mufti e imam, lungo tutta la sua storia, raggiunsero il “consenso” – obbligatorio per tutta la comunità musulmana – che l’islàm deve essere in guerra perpetua con il mondo dei non-musulmani fino a quando questi ultimi non si sottomettano all’islàm. Infatti, è comunemente sostenuto dai sapienti musulmani che, poiché i versetti della spada sono tra gli ultimi ad essere stati rivelati sull’argomento dei rapporti tra musulmani e non-musulmani, essi, da soli, abbiano “abrogato” circa 200 altri versetti coranici precedenti e più tolleranti, tipo “non c’è costrizione nella religione”. il famoso saggio musulmano, Ibn Khaldun (1332-1406) ammirato in Occidente per le sue opinioni, rifiuta l’idea che la jihad sia una guerra difensiva.
Nella comunità musulmana, la guerra santa [jihad] è un obbligo religioso, a causa della universalità della missione musulmana e l’obbligo di convertire tutti all’islàm sia mediante la convinzione che con la forza … Gli altri gruppi religiosi non avevano una missione universale, quindi per loro la “guerra santa” non era un dovere religioso, tranne che a scopo difensivo … A loro si richiede solamente di istituire la loro religione in seno alla loro gente. Ecco perché gli Israeliti, dopo Mosè e Giosuè non si occuparono dell’autorità regia [cioè, di un Califfato]. La loro unica preoccupazione era di istituire la loro religione [non di diffonderla alle nazioni] … Ma nell’islàm c’è l’obbligo di acquisire la sovranità sulle altre nazioni.
Il linguaggio del Corano
Quando i versetti violenti del Corano vengono confrontati con i loro corrispettivi dell’Antico Testamento, si caratterizzano in particolare per un linguaggio che trascende spazio e tempo, incitando i credenti ad attaccare e uccidere i non credenti oggi come ieri. Dio ordinò agli Ebrei di uccidere gli Ittiti, gli Amoriti, i Canaanei, i Periziti, gli Iviti e i Gebusei – tutti popoli ben definiti, inseriti in un tempo e uno spazio ben preciso. Mai Dio diede agli Israeliti, e per estensione ai loro discendenti Ebrei, un comando “incondizionato” di combattere e uccidere i gentili. D’altra parte, benché i primi nemici dell’islàm, come nell’Ebraismo, fossero storici (cioè Bizantini Cristiani e Persiani Zoroastriani), raramente il Corano li indica con i loro nomi reali. Invece, si ordinò (e si ordina) ai musulmani di combattere la gente del Libro – “finché non versino umilmente il tributo, e siano umiliati” e di “uccidere gli idolatri ovunque li troviate”.
Le due congiunzioni Arabe “finché” (hatta) e “ovunque” (haythu) dimostrano la natura ubiquitaria e perpetua di questi comandamenti. C’è ancora “gente del Libro” che deve essere “completamente umiliata” (specialmente in America, in Europa e in Israele) e “idolatri” da essere trucidati “ovunque” uno guarda (specialmente in Asia e nell’Africa sub-Sahariana). In realtà, la caratteristica principale di quasi tutti i versetti violenti delle scritture islamiche è la loro natura illimitata e generica: “Combatteteli (i non musulmani) finchè non ci sia più persecuzione e la religione sia solo di Allah”. Inoltre, in una ben nota tradizione, presente nelle collezioni di ahadith, Maometto proclama:
Mi è stato ordinato di muovere guerra contro l’umanità finché non testimonino che non c’è altro dio se non Allah e che Maometto è il Messaggero di Allah; finchè non eseguano la prostrazione e non paghino l’elemosina [cioè, finché non si convertano all’islàm]. Se lo faranno, il loro sangue e le loro proprietà saranno protette.
I comandamenti di uccidere, di realizzare la pulizia etnica, di istituzionalizzare la segregazione, di odiare e di temere le altre razze e le altre religioni … tutto questo è nella Bibbia e capita con molto maggiore frequenza che nel Corano. Ad ogni livello possiamo discutere su cosa significhino i brani in questione e certamente se debbano avere qualche rilevanza per le età future. Ma rimane il fatto che le parole sono lì, e la loro inclusione nella scrittura significa che esse sono, letteralmente, canonizzate, non meno che nelle scritture musulmane.
Inoltre, non bisogna basarsi esclusivamente su argomenti di pura esegesi o solo filologici: sia la storia che gli eventi attuali smentiscono il relativismo di Jenkins. Mentre il Cristianesimo del primo secolo si diffuse col sangue dei martiri, l’islàm del primo secolo si diffuse mediante la conquista violenta e i massacri. In effetti, dal primo istante fino ad oggi – ovunque ha potuto – l’islàm si è diffuso con la violenza, come è confermato dal fatto che la maggioranza di quello che oggi è noto come il mondo islamico, o dar al-islàm, fu conquistato dalla spada dell’islàm. Questo è un fatto storico, confermato dai più prestigiosi storici islamici. Anche la penisola Arabica, la “casa” dell’islàm, fu sottomessa con grandi lotte e massacri, come dimostrato dalle guerre della Ridda che scoppiarono subito dopo la morte di Maometto, quando decine di migliaia di Arabi furono passati a fil di spada dal primo Califfo, Abu Bakr, per aver abbandonato l’islàm.
Il ruolo di Maometto
Inoltre, in merito alla attuale diffusa idea che cerca di giustificare la violenza islamica – che questa è solo il prodotto della frustrazione dei musulmani di fronte a una oppressione politica od economica – ci si dovrebbe porre questo interrogativo: che dire allora dell’oppressione di oggi nel mondo, di Cristiani ed Ebrei, per non menzionare Indù e Buddisti? Dov’è la loro violenza ammantata di religione? Questa è la verità: anche se il mondo islamico fa la parte del leone nei titoli più drammatici – di violenza, terrorismo, attacchi suicidi e decapitazioni – è inoppugnabile che non è certo l’unica regione al mondo a soffrire per ingiustizie sia interne che esterne.
Per esempio, benché quasi tutta l’Africa sub-Sahariana sia intrisa di corruzione, oppressione e povertà, quando si considera la violenza, al terrorismo e all’assoluto caos, la Somalia – che appunto è l’unico stato sub-Sahariano ad essere completamente musulmano – guida il branco. Inoltre, i maggiori responsabili della violenza Somala e della imposizione delle misure legali più draconiane e intolleranti – i membri del gruppo jihadista al-Shabab (i giovani) – spiegano e giustificano le loro azioni mediante uno schema islamista.
Anche in Sudan, è attualmente in corso un genocidio jihadista contro il popolo Cristiano e politeista, condotto dal governo islamista di Khartum, che ha provocato quasi un milione di morti tra “infedeli” e “apostati”. Che l’Organizzazione della Conferenza Islamica sia corsa in difesa del Presidente Sudanese Hassan Ahmad al-Bashir, che è incriminato dalla Corte Criminale Internazionale, è una ulteriore prova dell’approvazione della comunità islamica della violenza contro sia i non musulmani che contro chi non considera i musulmani abbastanza bene.
Pure i paesi dell’America Latina e i paesi Asiatici non musulmani hanno la loro quota di regimi autoritari ed oppressivi, di povertà e di tutto il resto, come i paesi musulmani. Eppure, diversamente dai quasi quotidiani titoli che provengono dal mondo islamico, non ci sono notizie di fedeli Cristiani, Buddisti o Indù che lanciano veicoli carichi di esplosivo contro edifici di regimi oppressivi (come il regime Cubano o quello Comunista Cinese), sventolando, allo stesso tempo, le loro scritture e urlando: “Gesù (o Budda, o Visnu) è grande!”. Perché?
C’è un ultimo aspetto che viene spesso trascurato – sia per ignoranza o per malafede – da chi insiste che la violenza e l’intolleranza sono equivalenti tra tutte le religioni. Oltre le parole divine del Corano, il modo di comportarsi di Maometto – la sua “sunna” o “esempio” – è una importante sorgente di legislazione nell’islàm. I musulmani sono invitati ad emulare Maometto in ogni circostanza della vita: “Avete un eccellente esempio nel Messaggero di Allah”. E il tipo di condotta di Maometto verso i non musulmani è molto esplicito.
Per esempio, polemizzando sarcasticamente contro il concetto di islàm moderato, il terrorista Osama Bin Laden, che, secondo un sondaggio di al-Jazira, gode dell’appoggio di metà del mondo islamico, così descrive la “sunna” del Profeta:
La “moderazione” fu dimostrata dal nostro Profeta che non rimase mai più di tre mesi a Medina senza razziare o inviare scorrerie nelle terre degli infedeli, per abbattere le loro fortezze, saccheggiare i loro beni, spegnere le loro vite e rapire le loro donne.
Però significa che persone naturalmente inclini a queste attività, e che per caso sono anche musulmane, possono giustificare le loro azioni – e le giustificano – riferendosi alla “sunna del profeta” – il modo con cui al-Qaeda, ad esempio, ha giustificato il suo attacco dell'11 Settembre, in cui furono uccisi degli innocenti, incluse donne e bambini: Maometto autorizzò i suoi seguaci ad usare le catapulte durante l’assedio della città di Ta’if nel 630 DC – gli abitanti della città avevano rifiutato di sottomettersi – benché sapesse molto bene che donne e bambini erano rifugiati in città. Inoltre, quando gli fu chiesto se era consentito lanciare attacchi notturni o incendiare le fortificazioni degli infedeli se donne e bambini erano con loro, e il Profeta rispose: “Essi [le donne e i bambini] sono dei loro [degli infedeli]”.
Il comportamento di Ebrei e Cristiani
Benché osservante scrupoloso della legge e forse iper-legalista, l’Ebraismo non ha un equivalente come la “sunna"; le parole e le azioni dei patriarchi, pur descritte nell’Antico Testamento, non giunsero mai a prescrivere la legge Giudaica. Né le “pietose bugie” di Abramo, né la perfidia di Giacobbe, né l’estrema irascibilità di Mosè, né la relazione adulterina di Davide o le scappatelle di Salomone furono alla base dell’istruzione di Ebrei o Cristiani. Furono interpretate come azioni storiche, compiute da uomini fallibili che, più spesso che no, erano puniti da Dio per il loro comportamento molto meno che esemplare.
Per quanto riguarda il Cristianesimo, gran parte della legge dell’Antico Testamento venne abrogata, o compiuta – a seconda dei punti di vista – da Gesù. “Occhio per occhi” lasciò il posto a “porgi l’altra guancia”. Amare dio e il prossimo con tutto il cuore divenne la legge suprema. Inoltre, la “sunna” di Gesù – “Cosa avrebbe fatto Gesù? – è caratterizzata da docilità e altruismo. Il Nuovo Testamento non contiene alcuna esortazione alla violenza.
Eppure, c’è ancora chi pretende di dipingere Gesù come un personaggio con un atteggiamento militante simile a quello di Maometto, citando il versetto in cui il primo – che “parlò alle folle in parabole e non parlò se non in parabole” – disse: “Non sono venuto a portare la pace, ma una spada”. Ma in base al contesto di questa affermazione è evidente che Gesù non stava ordinando la violenza contro i non Cristiani, ma piuttosto predicendo che ci sarebbero stati conflitti tra i Cristiani e il loro ambiente – una profezia fin troppo vera, dato che i primi Cristiani, invece di brandire la spada, perirono docilmente come martiri, a causa della spada, così come spesso stanno ancora facendo nel mondo musulmano.
Altri si appigliano alla violenza profetizzata nel Libro dell’Apocalisse, ancora, dimenticandosi di osservare che tutto il racconto è descrittivo – per non aggiungere che è chiaramente simbolico – e quindi difficilmente “prescrittivo” per i Cristiani. Ad ogni modo, come si può ragionevolmente paragonare questa manciata di versetti del Nuovo Testamento che metaforicamente menzionano la parola “spada” con le centinaia di prescrizioni Coraniche e dichiarazioni di Maometto che chiaramente comandano ai musulmani di usare una spada vera e propria contro i non musulmani?
Imperterrito, Jenkins lamenta il fatto che nel Nuovo Testamento, gli Ebrei “progettano di lapidare Gesù, complottano per ucciderlo, a sua volta Gesù li chiama bugiardi e figli del Demonio”. Rimane però da stabilire se essere chiamati “figli del Demonio” è più offensivo che essere definiti discendenti di scimmie e porci – l’appellativo Coranico degli Ebrei. A parte gli insulti, tuttavia, ciò che qui importa è che, mentre il Nuovo Testamento non ordina ai Cristiani di trattare gli Ebrei come “figli del Demonio”, invece, in base al Corano, in particolare 9:29, la legge islamica obbliga i musulmani a sottomettere gli Ebrei, anzi, tutti i non musulmani.
Questo significa forse che chi si professa Cristiano non può essere antisemita? Ovviamente no! Ma significa che i Cristiani antisemiti vivono un ossimoro – per il semplice fatto che sia letteralmente che teologicamente, il Cristianesimo non insegna assolutamente odio e astio, bensì pone l’accento su amore e perdono. Il punto qui non è se i Cristiani seguono o no questi precetti; proprio come non è il punto se i musulmani osservano o no l’obbligo della jihad. L’unica domanda pertinente è: cosa richiedono le religioni?
John Esposito ha ragione quando asserisce che “Ebrei e Cristiani furono coinvolti in atti di violenza”. Invece sbaglia quando aggiunge: “Noi [Cristiani] abbiamo la nostra teologia dell’odio”. Nulla nel Nuovo Testamento insegna l’odio – e certamente niente lontanamente paragonabile ai comandi Coranici tipo: “Noi [musulmani] ci dissociamo da voi [non musulmani] e tra noi e voi è sorta inimicizia e odio eterni finché voi non crederete in Dio soltanto”.
Rivalutare le Crociate
Ed è da qui che si può comprendere meglio la storia delle Crociate – eventi che sono stati completamente stravolti da numerosi e influenti apologeti dell’islàm. Karen Armstrong, per esempio, si è praticamente costruita una carriera rappresentando le Crociate in un modo completamente sbagliato, scrivendo, per esempio che “l’idea che l’islàm si sia imposto con la spada è una fantasia Occidentale, inventata durante il tempo delle Crociate quando, in realtà, furono i Cristiani dell’Occidente a muovere una brutale guerra santa contro l’islàm”. Che una ex monaca condanni rabbiosamente le Crociate, rispetto a quanto fatto dall’islàm, rende la sua critica ancora più vendibile. Affermazioni come le sue, ovviamente, ignorano il fatto che dall’inizio dell’islàm, più di 400 anni prima delle Crociate, i Cristiani si erano accorti che l’islàm si diffondeva con la spada. Infatti, autorevoli storici musulmani che scrissero secoli prima delle Crociate, come Ahmad Ibn Yahya al-Baladhuri (m. 892) e Muhammad Ibn Jarir at-Tabari (838-923), dimostrano chiaramente che l’islàm si diffuse mediante la spada.
La realtà è questa: le Crociate furono un contrattacco contro l’islàm – non un attacco senza provocazione come sostengono la Armstrong ed altri storici revisionisti. L’eminente storico Bernard Lewis lo espone molto bene:
Anche la Crociata Cristiana, spesso paragonata alla jihad islamica, fu una tardiva e limitata risposta alla jihad e, in parte, anche una sua imitazione. Ma, a differenza della jihad, riguardò principalmente la difesa o la riconquista di territori Cristiani minacciati o perduti. Fu, con alcune eccezioni, limitata alle guerre vittoriose per la riconquista dell’Europa Sud-Occidentale e alle guerre perdute per liberare la Terra Santa e per fermare l’avanzata Ottomana nei Balcani. La jihad islamica, per contro, fu interpretata come illimitata e fu percepita come un obbligo religioso che sarebbe continuato finché tutto il mondo non si fosse convertito all’islàm o si fosse sottomesso al suo dominio … Lo scopo della jihad è di imporre la legge islamica a tutto il mondo.
Fu per reagire a questa situazione che il Papa Urbano II (r. 1088-1099) indisse la Crociata:
Dai confini di Gerusalemme e dalla città di Costantinopoli è giunta un’orribile notizia che ci è stata ripetutamente riferita, cioè che una razza del regno dei Persiani [cioè, i Turchi musulmani] … ha invaso le terre di quei Cristiani e le ha spopolate con la spada, il saccheggio e il fuoco; ha portato una parte dei prigionieri nel proprio paese e ha eliminato l’altra parte con crudeli torture; ha distrutto completamente le Chiese di Dio o se ne è appropriata per i riti della loro religione.
Infatti, ben lontane dal suggerire alcunché di intrinseco al Cristianesimo, le Crociate, ironicamente, ci aiutano a capire meglio l’islàm. Perché le Crociate dimostrano, una volta per tutte, che, non ostante gli insegnamenti religiosi – e infatti, nel caso delle così dette Crociate Cristiane, a dispetto di questi insegnamenti – l’uomo è spesso predisposto alla violenza. Ma questo impone una domanda: se questo è il comportamento dei Cristiani – a cui è stato imposto di amare, benedire e beneficare i loro nemici che li odiano, li maledicono e li perseguitano – quanto di più dobbiamo aspettarci dai musulmani che, condividendo la stessa tendenza alla violenza, sono spinti da Dio ad attaccare, uccidere e depredare i non credenti?
Raymond Ibrahim è Direttore Associato del Forum del Medio Oriente e autore di “The Al Qaeda Reader” (New York: Doubleday, 2007)